Lectio Divina 2022/2023 - Parrocchia Sacro Cuore

Vai ai contenuti

Lectio Divina 2022/2023

Download calendario Lectio Divina                                                           Torna indietro alla pagina Lectio Divina                 Clicca qui                                                   

DOMENICA 11/12/2022

LE QUERCE DI MAMRE
Gen.18,1-15
Dio è uno straniero

Il brano odierno è molto conosciuto e molto poco commentato, in apparenza di facile ascolto contiene in sé molti insegnamenti sulla fraternità. Per prima cosa, come interpretazione ed esegesi possiamo guardare l’icona di Rubliev:
-tre uomini seduti sotto un albero -sono pellegrini, hanno il bastone, hanno bisogno di ospitalità -sono inviati divini, hanno le ali, hanno sulle vesti il colore blu che indica il divino e portano una promessa -per Rubliev il personaggio centrale rappresenta Gesù Cristo e il suo sguardo è rivolto verso il Padre mentre lo Spirito include entrambi ad indicare la comunione -sono tre persone somiglianti tra loro in cui Rublev ha visto la Trinità, ma questa ipotesi, nel caso del brano odierno, non è confermata dagli studi più recenti. L’icona indica una visita di Dio unica in tutto l’A.T ed è l’icona di oggi per ogni credente che attende la visita di Dio, è l’icona del Natale che ci indica che Dio è dono sorprendente, è l’icona per ogni uomo che vive in una terra straniera, desertica e che sente la speranza vacillare.
Questo brano si può dividere in due parti che vanno ascoltate insieme come due note che formano un’armonia, insieme parlano di incontro con lo straniero e con lo Straniero. La prima scena si svolge quasi totalmente sotto l’albero; la seconda si polarizza su Sara e la tenda.

Vers. 1-8 il miracolo umano dell’ospitalità; vers. 9-15 il miracolo divino della vita.
È un brano di facile comprensione ma nasconde un problema: quanti sono i visitatori di Abramo? E chi sono?
Questa narrazione è scritta intorno all’anno 1000 la si ritrova in molte leggende appartenute a popoli diversi come, ad esempio, ai Greci dove Zeus, Poseidone ed Ermete fecero visita ad Ireo che, grazie alla sua ospitalità, ottenne Orione, il figlio tanto desiderato. Israele ha sentito questi racconti dai popoli che abitavano prima i suoi territori e li ha fatti suoi, ma portandoci JHWH. Israele è incentrato su JHWH e, anche se si basa su fatti di altri popoli, non permette inquinamenti.
Queste storie nascono soprattutto in epoche nelle quali l’ospitalità era la virtù per eccellenza; per l’orientale l’accoglienza è un obbligo e un onore, è l’amore chetestimonia il timore di Dio. Anche noi diciamo “non dimenticate l’ospitalità, alcuni praticandola hanno accolto degli angeli senza saperlo” (Eb. 13,2). Sicuramente in questi tempi in cui si perdono tante vite in mare, tante vite sotto le macerie, tante piccole vite, è Dio che sta passando e muore.
In questo brano, oltre all’ospitalità, si parla anche delle promesse di Dio ma si mette in evidenza il tempo che passa tra la loro enunciazione e la loro realizzazione. Qui stiamo parlando della promessa di un figlio che diventerà “popolo numeroso” ma questa grande promessa prende forma in Gen. 15,5 e si completa in Gen. 21,1-8 ed è preceduta da una prova ulteriore per Abramo, la prova dell’accoglienza, il comportamento di fronte allo straniero e della pazienza nell’aspettare i tempi di Dio.
Sappiamo che Abramo ascolta la voce di Dio e si mette in viaggio insieme a Lot, suo parente, e poi divide gli averi tenendosi per lui la terra meno fertile pur di rimanere in buone relazioni con Lot. Adesso Abramo come si comporterà di fronte agli stranieri che si sono presentati davanti a lui e che, in una terra arida, potevano essere predoni? Abramo si comporta da ospite accogliente e quindi otterrà vita, il figlio tanto atteso, in contrapposizione a Sodoma e Gomorra le quali, mancando totalmente di ospitalità (cap. 19), otterranno solo distruzione e morte.
Diversi sono i richiami che si susseguono nel racconto: -il silenzio dell’avvicinarsi dei forestieri è quello di Abramo che sta riposando -Abramo che da padrone si fa servo -il correre e l’affrettarsi di Abramo che contagia tutta la famiglia -il sorriso di Sara di fronte alla promessa di avere un figlio -la ripresa del cammino dei forestieri ora accompagnata da Abramo -l’ombra delle querce di Mamre dove la conversazione può svolgersi in modo pacato e tranquillo che ci riportano agli alberi del paradiso terrestre e sotto cui passeggiava Dio
Vers. 1-8 vediamo il mistero del singolare e plurale. Fino al vers. 8, solo una volta Abramo dice “mio Signore”, che non è Adonaj ma Adonì, cioè un modo deferente di rivolgersi agli sconosciuti ma tutti i verbi che troviamo sono al plurale: li vide, accomodatevi, rinfrancatevi... Dal vers. 9, invece, tutto ridiventa al singolare, colui che parla è uno, e non si qualifica come Adonaj ma ricorda ad Abramo che “nulla è impossibile a Dio”, inoltre dimostra di conoscere i nomi ed i desideri di tutti i familiari, il nome Sara viene ripetuto ben 7 volte; questo personaggio non solo profetizza di donare una vita entro l’anno ad una coppia anziana, ma che proveranno anche piacere e amore umano nonostante la loro vecchiaia. Grazie alla frase di introduzione noi sappiamo già che è JHWH a visitare Abramo ma la formula, molto anonima, “3 uomini” ci deve far guardare la scena con gli occhi di Abramo. Stiamo riposando nel nostro giardino in un caldo pomeriggio di agosto,
all’improvviso qualcosa ci disturba, una sensazione, alziamo gli occhi e incontriamo lo sguardo di tre sconosciuti. Chi sa quali sarebbero le nostre reazioni? Sicuramente instabilità, paura, ma non è così per Abramo.
Abramo è sotto una tenda, il termine viene ripetuto cinque volte, se Abramo avesse abitato una casa, come Lot che abita a Sodoma, forse non avrebbe incontrato i forestieri, ma la tenda non ha confini è il mondo stesso di Abramo. Ricordiamo anche Pietro che vuole fare una tenda quando si trova davanti a Mosè ed Elia che parlano a Gesù. Tutto diventa effimero quando si tocca Dio, non c’è più niente di fisso ed inamovibile. Il divino arriva sempre di sorpresa e mette in movimento. Eb. 11,9 “per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera” cioè senza farsi una dimora stabile. Abramo è il pellegrino per eccellenza, l’uomo del cammino, ma sa sostare e alzare gli occhi. Da lui prendono vita le tre grandi religioni monoteiste, Quante volte Gesù invita i discepoli e noi a guardare in alto, per vedere nuovi orizzonti. Alzare gli occhi senza sapere se ciò che si vedrà è buono ma stando pronti ad aiutare. La carità è guardare negli occhi chi abbiamo di fronte (E. Bianchi). Canzone “il pescatore” di F. De Andrè Dopo aver “visto”, Abramo si prostra e chiede la grazia di avere i tre pellegrini come ospiti. È un onore essere visitati da qualcuno e lavargli i piedi (la stessa cosa farà Lot nel cap. 19) cioè dare ristoro al viandante. Gesù correggerà il fariseo Simone scandalizzato dal gesto di
Maria Maddalena (Lc. 7,44).

Dal vers.5 all’8 vengono esplicitati i cibi che Abramo prepara. Per primo pane ed acqua, che ci riconducono alle parole di Is. 33,16 “gli sarà dato il pane, avrà l’acqua assicurata”. Sono le cose più semplici ma Dio le ha assicurate ad Abramo, perché questi possa condividerle, anche se abita in una zona desertica. Quante cose abbiamo ricevuto da poter condividere con gli altri? Dopo il pane e l’acqua c’è la carne e il latte, sono i cibi del pastore, il cibo che il Padre Misericordioso farà preparare per il figlio ritrovato e, dell’Emmanuele, si dice che mangerà panna e miele (Is.7,15.22) perché ci sarà tanta prosperità che con l’abbondanza del latte si potrà fornire panna a tutti. Abramo mette a disposizione ciò che ha, ma non dà per scontato che i suoi doni vengano accettati. Si definisce per due volte “servo” e non impone l’accoglienza ma si espone alla libertà dell’altro, una libertà che può portare ad una reazione negativa o ostile; non è intenzione di Abramo alterare i piani degli ospiti a suo vantaggio ma offrire loro una pausa nella calura e per far questo mette in tensione tutta la sua casa, tutti collaborano e tutti partecipano della sua gioia. Nella casa del saggio nessuno è lento nell’amare gli uomini.

Vers. 9-15 dov’è Sara tua moglie? È una delle tante domande che Dio rivolte all’uomo in Genesi. Sara si trova
nell’intimità della tenda dietro l’ospite ma l’annuncio di Adonì riguarda anche lei. Non importa che sia donna, deve ascoltare direttamente e Sara lo fa stando nascosta dietro l’uscio in un confine tra la storia passata e la futura. La mentalità corrente non ci insegna a stare sulla soglia ma a diffidare di chi passa, non ci invita a correre verso l’altro ma a ponderare le nostre azioni.
Il vers. 11 sottolinea invece l’età di Sara ed Abramo. Secondo un calcolo influenzato dalla cultura mesopotamica che dà importanza al numero e non alla quantità, Abramo ha 100 anni quando nasce Isacco e 175 quando muore cioè 100 anni dopo aver lasciato la sua patria. Si capisce che non sono numeri veri ma ci danno un’idea dell’anzianità e della portata del dono. Dio non guarda l’età dell’uomo, Egli è sempre sorpresa e novità. Eb.11,11-12 “per fede anche Sara, sebbene fuori dall’età, ricevette la possibilità di diventare madre perché ritenne fedele colui che gliel’aveva promesso. Per questo da un uomo solo, inoltre segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia innumerevole che si trova lungo la spiaggia del mare”.
All’annuncio dell’angelo Sara ride, come aveva già fatto Abramo al primo annuncio in Gen. 17,17. C’è sempre difficoltà a credere e fidarsi ma questo riso ci rende più vicini i nostri personaggi. Isacco nasce da una gioia vera, sincera, umana e Abramo, quando deve sacrificarlo sull’altare è chiamato a sacrificare proprio la sua gioia per trovare la vera gioia di Dio. Ma “nulla è impossibile a Dio” tutto ciò che per l’uomo è limite, incapacità, impossibilità, non lo è per Dio (Rm.4,20-21).
Isacco sarà lo straniero che porta gioia e che, da lì ad un anno, entrerà nella tenda di Sara. Sara ride e l’inviato di Dio dimostra di conoscere il suo riso, i suoi pensieri più intimi. Non ci si può nascondere dietro le spalle di Dio, dietro una tenda, tutto diventa trasparente quando Lui è con noi; Egli ci conosce e ci dà la possibilità di conoscerlo. Egli è lo straniero per eccellenza che vuole stare con noi.
Fermiamoci ancora un po’ sulla ospitalità che porta alla fraternità.
Chi viene da fuori produce insicurezza da entrambe le parti. Lo straniero che giunge in una società sconosciuta non ha diritti, ha bisogno di qualcuno che lo accolga, lo introduca e lo protegga allora diventa ospite e ha diritto all’ospitalità, la sua vita e la sua integrità diventano sacre; per gli orientali lo straniero ha dei diritti che non può pretendere ma che gli devono venire assicurati e, questo diritto, viene detto Aman (anima) cioè un luogo che dà sicurezza e caccia la paura. Chi offre ospitalità introduce lo straniero nel suo stesso ambiente sociale così da abituarlo a ciò che gli è sconosciuto così facendo si condividono le tradizioni e l’estraneità diventa amicizia.
Per Israele l’ospite è sacro, come in tutte le religioni, perché ricorda il suo essere stato forestiero, schiavo, senza terra, nomade (Es. 23,9). Dio gli ha dato una legge “amatedunque i forestieri” (Dt. 10,19) ma manca “come te stesso” perché lo straniero, per essere amato, non deve essere come noi stessi. dobbiamo accettarne l’alterità. Però, Israele, richiede agli stranieri la volontà di rimanere per sempre nel paese. Al tempo dei Romani, Israele non si mischiava con loro perché erano nemici, non ospiti. Gesù radicalizza l’amore “amate i vostri nemici” (Mt. 5,44) perché la bontà paterna di Dio riguarda tutti (Mt. 5,43) infatti gli stranieri, i gentili, diventano popolo di Dio (1Pt.2,9s). Nello straniero c’è sempre qualche cosa dell’estraneità di Dio che pone l’uomo di fronte al nuovo e all’inatteso. I 3 ospiti di Mamre fanno conoscere ad Abramo la salvezza (Cap. 18) e la rovina (Cap. 19) e lacerano profondamente le sue esperienze religiose. Dio si identifica con lo straniero (Xenos) (Mt. 25,38-43) e chi è più straniero per l’uomo, chi è più diverso se non Dio stesso?
San Paolo ci ricorda in Gal. 3,28 “non ci sono Giudei o Greci, padroni o schiavi…” la fede Cristiana riconosce solo un limite che attraversa ogni persona umana e questo è quello tra fede e incredulità ma, Es. 23,9, dovrebbe essere tradotto così: “non opprimerai lo straniero e chi non crede, infatti anche voi non credevate e siete stati stranieri e pagani e portate incredulità, diversità e paganesimo in voi stessi!”. Secondo Sundermaier “fu un profondo errore della religione cristiana fissare il limite tra incredulità e fede collegandolo col battesimo e l’incorporazione nella chiesa. Se questo ha creato un profondo senso di appartenenza nei cristiani ha dato però la possibilità di escludere i non battezzati e di alzare mura”.
Un altro spunto per la fraternità è che per parlare con lo straniero bisogna imparare linguaggi nuovi e, prima di uno scambio verbale, ci vuole l’azione. Non ci può essere comprensione senza una ricerca di dono, Abramo offre tutto ciò che ha e sé stesso. Inoltre, per un dialogo autentico, ci vuole un posto che non sia un punto di forza per una delle parti, dove non ci sia antagonismo culturale o religioso, un posto che sia “l’ombra delle querce di Mamre – terra promessa” per tutti.
“Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”. Dio ci fa visita e viene da sconosciuto, accoglierlo vuol dire dare il meglio che abbiamo. Lui ci rimette in piedi, ci fa correre, ci promette vita e ci promette che saremo in grado di dar vita ad altri. Vengono in tre ma è uno solo, viene uno solo ma sono in tre. L’unico sbaglio è stare dietro a solide mura, magari quelle del tempio, e non in tende trasparenti perchè non succeda che “venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv. 1,9.11).
Clicca qui per il download articolo  
Torna ai contenuti